La cucina dell'antichità: gli Etruschi a tavola - Blogtour a Chiusi con il Calendario del Cibo Italiano

 Difficile parlare di Chiusi in poche parole. Viene definita come una miniera d'oro delle percezioni, un posto i cui misteri sono ovunque ma bisogna cercarli come minatori del bello. Un luogo i cui tesori si trovano sopra e sotto la terra. Una città antichissima Chiusi/Clevsin, che risale al II millennio a.c. e che nel passato è stata una delle più importanti dell'Etruria arrivando sotto l'egida di Porsenna ad assediare e controllare per un breve periodo addirittura Roma.

Il Blogtour a Chiusi organizzato dal Calendario del Cibo Italiano ci ha portato a conoscere questa realtà storica e ci ha consentito di assaporare appieno molto di quello che Chiusi ha da offrire e ci ha portato vicino a quelle testimonianze di memoria che sono conservate nei suoi Musei.

Il Museo Civico - La Città Sotterranea ha una sezione Epigrafica interamente allestita in cunicoli sotterranei. Oltre centocinquanta metri di gallerie ipogee che ospitano l'unica esposizione in Italia dedicata alla epigrafia funeraria etrusca: circa trecento urne e duecento tegole tombali iscritte che costituiscono un patrimonio eccezionale.


E quanto è suggestivo il Laghetto sotterraneo di Fontebranda, bacino di acqua sorgiva che si apre all'interno di una grotta sotterranea dove, come sostiene lo speleologo che lo scoprì, “il tempo scandito dallo stillicidio sembra essersi fermato, mentre al di sopra prosegue la vita convulsa di ogni giorno”.

 


E quanto l'acqua fosse parte rilevante del mondo etrusco lo abbiamo ben compreso visitando il Labirinto di Porsenna cui si accede dal Museo della Cattedrale. I cunicoli, scavati nel banco sabbioso, sono un sistema idrico ingegnoso distribuito su più livelli, con pozzi discendenti che garantivano l'aereazione degli ambienti e la depurazione delle acqua che vi scendevano. 




     Gli oggetti recuperati testimoniano che i cunicoli diventarono la discarica della città. Oggi, dopo avere esplorato ben 120 metri di gallerie, si sale verso una cisterna e la torre campanaria. La pianta è circolare ed è impermeabilizzata a coccio pesto. Il vano è ricoperto da due volte a botte in cui si aprono due pozzi circolari per il raggiro delle acque.

  

Il Museo Archeologico Nazionale si presenta come uno dei più importanti musei archeologici del mondo. Qui la storia di Chiusi e del suo territorio è illustrata a partire dall'età del bronzo fino all'età longobarda e si fa testimone del profondo legame che esisteva fra gli Etruschi e il loro territorio, così abilmente gestito e valorizzato. Proprio qui si possono ammirare gli utensili che erano usati in cucina e dato che il blog tour intendeva farci conoscere un tipico e antico modo di cucinare, mi sembra giusto ricordare quanta importanza avesse il cibo presso gli antichi Etruschi. 




Gastriduloi”, “schiavi del ventre”, così i Romani definivano gli Etruschi, per i loro banchetti e la passione per la buona tavola. Ma forse li deridevano più per la paura di un popolo ricco e progredito che per gli eccessi culinari, non proprio sconosciuti ai Romani. 


La vicenda storica della civiltà etrusca si sviluppa lungo tutto un millennio ed è perciò difficile tracciare un quadro unitario delle abitudini alimentari, che variano a seconda delle epoche e delle latitudini. Qualche aiuto ci può venire dalle fonti antiche ma i principali elementi per la ricostruzione ci vengono dai dati archeologici provenienti dagli scavi. Sono stati rinvenuti semi (corniolo, noci, nocciole, ghiande da quercia, olivo, fico, pero, vite, prugna, addirittura fave) ma anche frutti, legumi e cereali carbonizzati. Ci possiamo poi avvalere delle numerose rappresentazioni di banchetti, presenti soprattutto nelle pitture funerarie, che consentivano al defunto di poter godere delle stesse gioie culinarie di cui aveva potuto approfittare in vita. Nelle tombe si trovano infatti anche statue funerarie e sarcofagi con banchettanti, nonché dai ricchi corredi con strumenti da banchetto, ceramica e vasellame in bronzo, spiedi per arrostire le carni e calderoni per bollirle. Inoltre il banchetto o convivio, aveva per gli Etruschi un significato anche  Religioso (veniva celebrato in occasioni di cerimonie funebri, e si pensava che fosse presente anche lo spirito del defunto). 



Nel periodo più antico l’alimentazione base della maggioranza della popolazione era costituita da cereali, della cui produzione gli Etruschi erano maestri, grazie ai sistemi di coltivazione avanzati basati sulla rotazione delle colture che avevano introdotto e ai complicati sistemi di opere idrauliche e presenti un po’ ovunque, segno tangibile dell’attenzione e della cura che gli Etruschi ebbero nel risolvere i problemi di deflusso delle acque nella campagna. Principalmente si trattava di frumento, farro, panico ed orzo, che venivano consumati anche sotto forma di farinata (che era un piatto tradizionale), di una sorta di polenta (la puls dei latini), frittelle o focacce, nonchè da legumi (piselli, ceci, lenticchie, fave), cucinati in zuppe oppure, semplicemente, bolliti. Ricordo eccezionale di questa epoca è l’acquacotta, piatto della tradizione culinaria viterbese. Questa dieta, di per sé ricca di carboidrati e proteine vegetali, veniva integrata con frutta (mele, pere, cornioli, nocciole, ghiande) che frutta poteva essere degustata fresca o fermentata in bevande a scarso tenore alcolico, verdura (cipolla, aglio, carote, cavoli, finocchi), latticini (formaggio di capra), e con carne prevalentemente di pecora e capra. 
La carne era bollita e arrostita e infatti sono frequenti nei corredi delle tombe gli alari, gli spiedi e le pinze per maneggiare i tizzoni di brace o gli uncini per estrarre la carne dai pentoloni. Il pane, che si imponeva prima in Etruria e poi a Roma, non conteneva sale. Le città poste sulle coste (mare o lago) facevano grande uso di pesce: spigole, orate, anguille e capitoni, gamberi, triglie, molluschi. Ma anche questi spesso erano piatti solo per ricchi. Nella foto possiamo apprezzare i "graffioni" per la carne e il colino in uso all'epoca.


La caccia di animali non allevati era poco diffusa, se non nei gruppi gentilizi e la specializzazione dell’allevamento portò ad un maggiore consumo di carne, sia bovina che suina (in Toscana si narra che i maiali venissero allevati al suono di strumenti musicali), di volatili (ad esempio le anatre), e del pollame, introdotto almeno dal VII secolo; proprio da questo periodo, tra l’altro, le uova figurano spesso tra le offerte funerarie di cibo.




Gli Etruschi, sopratutto le classi agiate e colte, amavano banchettare e apparecchiavano la tavola due volte al giorno e avevano come modello il banchetto greco, con l’unica differenza che a quello etrusco partecipavano anche le donne: si banchettava sdraiati su lettini triclinari (le klinai o kelai) con le signore riccamente vestite, illuminati da alti candelieri di bronzo e allietati da  suonatori di lira e flauto doppio (tibicines).
Nel modo di mangiare i principi etruschi dell’epoca tendono a rappresentarsi come sovrani orientali, modello di riferimento per tutti i comportamenti della vita sociale: seduto su un trono dall’alta spalliera il signore, rivestito delle insegne del potere, mangia ad una mensa rotonda servito e accudito da servi. Alcuni fanno a pezzi la carne con piccole asce, altri preparano focacce, cuociono cibarie nel forno, versano le bevande. Una figura molto importante durante i convivi era il “direttore di mensa” che aveva il compito di vigilare sul buon andamento e riuscita del convivio. Un moderno Maitre d'Hotel.

Solitamente la prima parte del banchetto si apriva con l'uovo poi le carni arrostite, i volatili, porchette ripiene di vari animali, pesci d'acqua dolce e di mare, molluschi. La seconda era un trionfo di dolci, frutta, torte a base di formaggi, miele e uova. Poche le tecniche di cottura: si usavano due tegole in terracotta, una conca e l’altra piana, venivano create piccole fornacelle con tizzoni su cui venivano adagiate padelle in bronzo.La cucina era sicuramente basata su aglio e cipolla, che davano il sapore primario ai cibi ed erano importanti per motivi igienici, curativi, afrodiasiaci e stimolanti. L’aglio cresceva spontaneamente nelle zone ombrose e si imparò anche a cucinarlo con la cenere. La cipolla veniva usato in modo moderato dai nobili esclusivamente cotta al contrario della servitù che ne faceva uso smodato e cruda condita con poco sale. Anche il porro o Allium orrum era usato nella cucina popolare delle lucumonie dell'Etruria, conosciuto come pianta tipica mediterranea con sapore meno forte e più delicato dell'aglio. Per insaporire (specialmente la selvaggina) gli Etruschi usavano l'alloro che cresceva spontaneo addirittura in "boschi". Al signore era concesso bere il vino, prodotto e commercializzato in tutto il Mediterraneo, mescolato con acqua perchè troppo forte per essere bevuto puro e temperato con spezie e formaggio grattugiato. Anche l’olio entra a far parte dell’uso comune, come dimostrano i rinvenimenti in tutto il Mediterraneo delle anfore prodotte a Vulci. Nelle zone dove non si produceva il vino era usato un latte fermentato molto rinfrescante.

E ORA ... 

ORA IMMAGINATE DI ESSERE UN  ETRUSCO  DEL VII SECOLO A.C. DI RITORNO DA UNA FORTUNATA PESCA NEI PRESSI DEL LAGO DI CHIUSI.

Come avreste cucinato i pesci appena pescati? Probabilmente vi sareste guardati attorno in cerca di qualcosa da bruciare per accendere un bel fuoco, magari delle canne lacustri. Dopodiché avreste abbrustolito i pesci sulla brace fumante infilzandoli su uno spiedo o riponendoli su una griglia rudimentale.

TORNIAMO AI GIORNO NOSTRI. COS’È CAMBIATO? NULLA (SE NON L’ACCENSIONE DEL FUOCO).


A Chiusi il brustico”, così definito perché si tratta di pesce abbrustolito”,  lo si prepara ancora tra scintille e scoppiettii, nello stesso identico modo in cui lo cucinava il popolo etrusco delle terre del "Chiaro". 

Una volta cotti i pesci, generalmente persici o piccoli lucci, sono ripuliti dalla fuliggine in eccesso e dalle lische. Il risultato è un piatto di filetti bianchi, conditi semplicemente con un goccio di olio extra vergine di oliva, sale e pepe da gustare proprio come avrebbero fatto  loro. https://valdichianaliving.it/ 



E noi così abbiamo fatto, godendo di questo come di ogni momento della nostra permanenza in Chiusi. 









Ringrazio quindi tutti coloro che hanno reso possibile questa esperienza davvero soddisfacente: Il ristorante La Solita Zuppa per l'eccellente cucina, l'Azienda Vinicola Colle Santa Mustiola per l'accoglienza, proprio come in famiglia, la LadyChef Gianna Fanfano e il suo ristorante Pesce d'Oro per averci illustrato un "fossile vivente" della nostra cucina, la Fattoria Pianporcino per la passione che mette nel lavorare il latte e creare capolavori. Un grazie particolare a Chiara Lanari, Vice Sindaco della Città di Chiusi, ospite squisita che ci ha accolto con entusiasmo e affetto e alla Amministrazione Comunale, Ma sopratutto grazie al Calendario del Cibo Italiano , alla piccola grande Alice Del Re per averci portato a conoscere la sua città così ricca di fascino e alle mie compagne Annarita Cinzia Sabrina Francesca perchè senza di loro non sarebbe stata la stessa cosa.  A presto!!





Fonti:
http://www.mondodelgusto.it/ Lino Trinchini - "Gli Etruschi a tavola"
http://www.archeologicatoscana.it "L'alimentazione degli Etruschi"
http://www.beniculturali.it/mibac/multimedia/MiBAC/minisiti/alimentazione/sezioni/etastorica/etruria/index.html 
Luigi Malnati - "Alimentazione in Etruria 











Commenti

  1. Ciao Leila, solo adesso trovo il tempo per leggere ed apprezzare la mole di lavoro che hai fatto. Effettivamente è stato un tour molto interessante e soprattutto divertente! Sicuramente il luogo ha contribuito, ma la compagnia ha fatto il resto. Un abbraccio!

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    1. Sabrina, io ti ringrazio veramente tanto per essere passata e sono in accordo con te, la compagnia era splendida!! Un abbraccio a te

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